Elezioni presidenziali USA e il loro impatto sul mercato azionario

Siamo ormai a pochissimi giorni dalle elezioni presidenziali USA, ovvero da un momento molto atteso non solo negli Stati Uniti.

Gli elettori confermeranno Donald Trump alla casa bianca o lo sostituiranno con il democratico Joe Biden?

E i mercati, come reagiranno in un caso o nell’altro?

Il tutto, è bene ricordarlo, tenendo presente che le politiche – o se preferisci la “forza del presidente” – dipenderà molto anche dal colore politico del quale si tingeranno la camera dei rappresentati e ancor di più il senato.

Per intenderci, un presidente repubblicano con un senato a maggioranza repubblicana potrà incidere molto di più di un presidente repubblicano con il senato a maggioranza democratica. Naturalmente vale la stessa cosa a parti invertite.

A noi investitori interessa capire quale impatto avranno le presidenziali USA sul mercato azionario. Proviamo a ragionarci su.

Lezione di storia: elezioni presidenziali USA e performance azionaria

Il primo passo che dobbiamo compiere per cercare di capire quale impatto possano avere le elezioni presidenziali USA sul mercato azionario, è quello di guardare al passato.

Il grafico in alto mostra i rendimenti dello S&P500 a partire dall’entrata in carica di Harry Truman nel 1945 fino ai giorni nostri. In blu puoi vedere i presidenti democratici e in rosso quelli repubblicani.

La tabella in alto mostra in modo ancora più chiaro quali siano stati i rendimenti azionari sotto i vari presidenti, questa volta prendendo in esame uno spettro più ampio, ovvero quello rappresentato dall’Indice Wilshire 5000, i cui dati partono dalla presidenza di Jimmy Carter.

Ciò che si intuiva nel grafico è reso molto più evidente dai numeri contenuti in questa tabella: sotto la presidenza democratica i mercati hanno performato meglio.

In media i democratici hanno “garantito” un +15,6% se iniziamo il calcolo dal momento delle elezioni (inizio novembre) o un +16,1% se calcoliamo i rendimenti da febbraio, ovvero a partire da pochi giorni dopo l’effettiva entrata in carica del presidente (fine gennaio).

Quindi, per i nostri futuri rendimenti azionari dobbiamo tifare per Joe Biden?

Lezione di storia n°2: Presidenti USA vs. PIL e debito federale

La tabella in alto mostra la crescita annualizzata del prodotto interno lordo e del debito federale sotto i vari presidenti a partire da Carter.

Siccome dati relativi al PIL vengono rilasciati trimestralmente, gli ultimi due trimestri dell’era Trump non sono reali bensì stimati (considerando il PIL del 2020 al -2,5%).

I freddi numeri di questa tabella ci dicono che sotto i presidenti democratici il PIL cresce di più rispetto a quando nella stanza ovale siedono presidenti repubblicani. Al contempo, ci dice anche che il debito federale cresce maggiormente quando l’inquilino della casa bianca è un repubblicano.

Anche questa volta i numeri danno ragione ai presidenti democratici. Quindi, ancora forza Biden?

Elezioni presidenziali USA e il loro impatto sul mercato azionario

Quando mettiamo in correlazione le elezioni presidenziali USA e il loro impatto sui mercati azionari, dobbiamo tenerci lontani anni luce dalle simpatie politiche e osservare il tutto nel modo più razionale possibile.

Nei paragrafi precedenti lo abbiamo fatto e ci siamo resi conto che sotto i presidenti democratici il PIL cresce di più rispetto agli anni repubblicani, che il debito cresce maggiormente durante le presidenze repubblicane e, infine, che i mercati azionari performano mediamente meglio nei periodi nei quali il presidente è democratico.

Articolo finito e speriamo che vinca il democratico Joe Biden!

Sicuro? Possibile che il risultato di un’analisi che credevamo complicata possa essere così palese, cristallino?

Ho i miei dubbi, per tanto ritengo opportuno fare delle ulteriori valutazioni.

Anche i presidenti USA devono fare i conti con il caso

Molto spesso il presidente degli Stati Uniti viene definito “l’uomo più potente del mondo”. Per molti aspetti tale definizione è vera, però anche l’uomo più potente del modo deve sottostare a situazioni ed eventi più grandi di lui.

Quando guardiamo alle tabelle in alto, non possiamo essere così ingenui da pensare che tali numeri siano dipesi solo e soltanto dalle politiche messe in atto dai vari presidenti.

Tanto per fare un paio di esempi, se la bolla delle dotcom fosse scoppiata uno o due anni prima, oppure quella dei subprime uno o due anni dopo, quei numeri sarebbero molto diversi.

Bill Clinton avrebbe fatto peggio, e con ogni probabilità George Bush jr. non avrebbe portato a casa un rendimento azionario negativo. Ovviamente anche i dati relativi a PIL e debito federale sarebbero diversi.

Quindi, sebbene una certa tendenza (anche se il campione non è amplissimo) è riscontrabile da quei numeri, non possiamo trarne conclusioni definitive.

Data la situazione economica attuale, la pandemia ancora lungi dall’essere debellata e le valutazioni azionarie decisamente molto elevate, appare davvero molto improbabile che nei prossimi anni i rendimenti azionari possano essere particolarmente alti; questo a prescindere da chi vincerà le elezioni presidenziali tra il repubblicano Trump e il democratico Biden.

Presidenti, previsioni economiche e media

Come sempre, anche questa volta i media stanno ponendo moltissima enfasi su quali potrebbero essere le prospettive economiche e finanziarie degli USA a seconda di chi vincerà le elezioni presidenziali.

Nell’ultimo paragrafo, però, abbiamo dovuto ammettere che non sempre tali risultati dipendono esclusivamente dalle politiche messe in atto dai presidenti.

Quando si parla di elezioni presidenziali USA e del loro impatto sul mercato azionario, si discute in effetti di un argomento che attira moltissimo l’attenzione dei lettori/telespettatori ma che, in definitiva, non fornisce nessun elemento veramente utile per gli investitori.

Il prezzo delle azioni, si sa, dipende moltissimo dalle valutazioni future che i partecipanti al mercato fanno rispetto alle varie aziende quotate. Non a caso si parla di sentiment di mercato

Il sentiment, tuttavia, gioca un ruolo decisivo anche nelle elezioni presidenziali USA.

Elezioni presidenziali USA e sentiment

Il sentiment non è altro che lo stato d’animo, quindi le convinzioni che le persone si fanno in base alle loro emozioni e sensazioni riguardo a qualcosa o qualcuno.

Ad esempio, quando il presidente eletto appartiene al loro partito, le persone sono portate a credere che l’economia ne trarrà beneficio. Al contrario, quando viene eletto il presidente espresso dall’altro partito, si convincono che per l’economia si prospettino anni difficili.

Ancora più interessanti – oltre che strettamente legate all’argomento di questo articolo, ovvero al tentativo di capire se vi è una relazione tra le elezioni presidenziali USA e il rendimento dei mercati azionari -, sono le conclusioni alle quali sono giunti due ricercatori della University of Chicago: Lubos Pastor e Pietro Veronesi.

Nel loro “paper” del 2017, intitolato Political Cycles and Stock Returns, i due ricercatori hanno dimostrato che i rendimenti azionari non sono direttamente correlati ai presidenti ma che, al contrario, sono i risultati delle elezioni presidenziali USA ad essere correlati con lo stato dell’economia, quindi con il sentiment degli elettori.

Avversione al rischio e risultati delle elezioni USA

Eravamo partiti con l’idea di mettere in relazione le elezioni presidenziali USA e il loro impatto sul mercato azionario. I primi risultati della nostra analisi ci hanno mostrato come sotto la guida di un presidente democratico sia lo S&P500 che il più ampio Wilshire 5000 crescano maggiormente con un presidente democratico seduto nella stanza ovale.

Approfondendo la nostra ricerca, però, abbiamo dovuto constatare che tali risultati sono fortemente condizionati dal caso – basta che una crisi economica scoppi un paio di anni prima o dopo per cambiare le carte in tavola in modo decisivo.

Infine, nell’ultimo paragrafo ho citato il lavoro di Pastor e Veronesi. In Political Cycles and Stock Returns, i due studiosi affermano che l’avversione al rischio è direttamente correlata con il risultato delle elezioni presidenziali USA e che i successivi rendimenti azionari non sono altro che una conseguenza di ciò.

Pastor e Veronesi hanno scoperto che quando l’avversione al rischio è elevata – ossia durante le crisi economico-finanziarie – gli elettori sono maggiormente portati a votare per il candidato democratico, poiché “chiedono” maggiore attenzione alle politiche sociali (eventualmente aumentando le tasse alle classi più abbienti).

Al contrario, quando l’avversione al rischio è bassa – ovvero durante le fasi di crescita economica – gli elettori propendono maggiormente verso il candidato repubblicano, poiché “chiedono” maggiore attenzione verso il business (eventualmente riducendo la pressione fiscale sulle imprese).

Conclusioni, ovvero Trump o Biden?

Abbiamo visto che sotto i presidenti democratici i mercati performano meglio ma anche che i presidenti democratici vengono più probabilmente eletti quando vi è una elevata avversione al rischio, ovvero in fasi di difficoltà o crisi economica.

Le due cose sono ovviamente correlate tra di loro. In un ambiente ad elevata avversione al rischio, anche il “premio” per chi investe deve essere più alto, per tanto la conseguenza naturale è un maggiore rendimento delle azioni.

Sebbene vi sia una stretta relazione tra situazione economica slash avversione al rischio, elezioni presidenziali USA e rendimento azionario, per noi investitori contano molto di più altri fattori:

  • comprare basso e vendere alto;
  • non farci guidare dalle emozioni del momento;
  • ragionare su orizzonti temporali ampi;
  • sfruttare il dollar cost average;
  • puntare su ETF Indice ben diversificati e a basso costo se non abbiamo le competenze o il tempo per analizzare approfonditamente i bilanci delle singole aziende.

Infine, più importante di tutto: “stay invested” – per dirla all’americana – sempre e comunque; sia che vinca Trump, sia che vinca Biden!


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